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29.04.2009

Marco Trabucchi

Cento anni e oltre!

I cento anni del premio nobel Rita Levi Montalcini ci offrono lo spunto per riflettere su un traguardo raggiunto da un buon numero di nostri connazionali. Autorevoli fonti confermano infatti che l’Italia è il Paese più longevo in Europa (il vecchio continente è battuto solo dal Giappone, campione mondiale di longevità): le donne vivono mediamente 85 anni e gli uomini 80. La ricerca ha affrontato anche il tema della qualità della vita, calcolando l’aspettativa di vita all’età di 50 anni e gli anni di vita libera da malattie. Mediamente nell’ Unione Europea chi ha 50 anni si aspetta di vivere 28.6 e 33.5 anni  rispettivamente se è uomo o donna; l’Italia ha il primato di sopravvivenza fra i paesi europei: 30.4 anni per gli uomini e 35.3 per le donne. L’aspettativa di vita priva di disabilità è calcolata in 17.3 anni per gli uomini (il 60% della aspettativa di vita totale) e in 18.1 anni per le donne (il 54% della vita rimanente).

Ma per raggiungere questo traguardo ci sono regole di vita da seguire o è solo la genetica a condizionare la lunghezza (e la buona salute) della nostra vita?

Uno studio giapponese molto serio e documentato descrive i nove fattori più importanti per raggiungere i 100 anni in buone condizioni (cioè con un adeguato livello di autonomia fisica e di capacità mentali). Pur sapendo che le differenze genetiche e di stile di vita tra noi e i giapponesi sono molte, elenco questi fattori perché ritengo possano rappresentare un’indicazione importante per tutti su quello che si deve fare al fine di invecchiare bene (anzi, molto bene!). Ecco le condizioni: fare regolare esercizio; avere una buona vista; risvegliarsi autonomamente al mattino; preservare la masticazione; non aver bevuto alcool; non aver avuto gravi cadute dopo i 95 anni; mangiare frequentemente proteine; vivere a casa propria; essere maschio. I lettori troveranno in quest’elenco alcune indicazioni che ben conoscono –come il fare esercizio fisico- perché già le abbiamo ricordate anche in questa rubrica. 

Altre invece meritano qualche chiarimento per non provocare preoccupazioni inutili. In premessa è doveroso precisare che i nove fattori rappresentano il massimo e che non sono tutti indispensabili per diventare “centenari felici”. Alcuni non dipendono da noi, come l’essere maschi. A questo proposito ricordo che gli appartenenti al sesso forte sono i sopravvissuti di una pesante selezione, perché la gran parte di loro è morta prima, mentre le donne mediamente vivono più a lungo. Altri fattori dipendono solo in parte da noi, come il mantenere una buona vista; infatti se alcune malattie dell’occhio non possono essere curate, altre, come la cataratta, possono essere combattute, purchè la persona si sottometta ad un semplice intervento (che però –lo sappiamo bene- non tutti vogliono subire). Lo stesso dicasi per la masticazione; talvolta le cure odontoiatriche e protesiche sono lunghe e noiose, però permettono di mangiare in modo regolare, con una adeguata quantità di proteine, ma soprattutto quello che piace. Tra le cose che dipendono da noi (almeno in parte) vi è anche il mantenimento di un sonno regolare, con un risveglio mattutino ad un’ora stabilita, senza rimanere a letto a poltrire oltre il necessario! Sappiamo bene come l’alzarsi  possa costare ad alcuni anziani; adesso però abbiamo la dimostrazione che il sacrificio -per quanto pesante- porta a vantaggi importanti. Infine lo studio giapponese valorizza la permanenza della persona anziana nel proprio domicilio. A questo fine nella nostra città si è particolarmente sviluppata l’assistenza domiciliare, in modo da permettere di restare a casa anche a persone con problemi di salute e di autonomia, perché i muri dove abbiamo vissuto per lunghi anni continuano a rappresentare una valida difesa del nostro benessere. Nello studio giapponese non si parla del tono dell’umore; noi però sappiamo che chi è sereno e sa affrontare adeguatamente il trascorrere degli anni, dando senso alla vita in ogni momento, è candidato ad una vita più lunga.

Altri studi dimostrano che, oltre all’impegno di ciascuno per vivere bene più a lungo, entrano in gioco altri fattori che soni il frutto dell’impegno della società, della politica verso i cittadini. E’dimostrato che il prodotto interno lordo e la spesa per l’assistenza agli anziani si correlano agli anni di vita attiva, così come il livello di istruzione raggiunto e l’istruzione permanente.

Questi dati si prestano a diversi commenti. E’ indubbio che l’aumento della speranza di vita sia una conquista di civiltà e progresso. E’ altrettanto vero che lo sforzo dei sistemi socio-sanitari è permettere ad un sempre maggior numero di persone anziane di vivere in condizioni di autosufficienza, anche in ragione del fatto che l’età di allontanamento dal mercato del lavoro si allunga sempre di più nella maggior parte dei paesi. Per questa ragione gli sforzi in termini di prevenzione, gli investimenti in assistenza e sostegno delle persone anziane e delle loro famiglie dovranno aumentare se si vuole evitare che l’età del pensionamento coincida con quella della inabilità. Infine, un commento sulla situazione italiana: siamo certamente tra i paesi più longevi e tra quelli con migliore qualità di vita nell’età anziana, anche se le problematiche economiche e il livelli degli investimenti a favore degli anziani lasciano ancora a desiderare.

Come il lettore avrà capito dalla lettura dell’articolo, possiamo fare molto per invecchiare bene.  Non rinunciamo a questa impresa che coinvolge ogni singola persona (impegnata sulle cose che abbiamo indicato) e la collettività nel suo insieme, che deve rendere possibile all’anziano le scelte personali -talvolta difficili- in difesa della propria salute.

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